Remo Roncati: “Ho dato la parte migliore della mia vita alla Somalia”

La storia finisce molto spesso per essere politicizzata, soprattutto quando si tratta di tematiche delicate come quella del colonialismo italiano in Africa, che suscita ancora oggi dibattiti.

Questo è stato il fulcro dell’incontro “L’Italia in Africa – La Somalia” avvenuto alla sede dell’Associazione “Cento Giovani” di Via Emilio Albertario 56, a Roma, alla quale tra i vari ospiti di spicco ha presenziato il prof. Remo Roncati, ex preside del Collegio Professionale Agrario di Genale – Merca (Somalia), nonché medaglia d’oro da parte del Ministro della Pubblica Istruzione nel 1998 quale benemerito della cultura, dell’arte e della scuola, che ci ha voluto raccontare la sua esperienza in Africa, dove ha potuto toccare con mano un popolo bellissimo, quanto bisognoso di una guida culturale e politica.

D: Cosa la spinge a scrivere e a parlare così tanto dell’Africa, e in particolar modo della Somalia?

R: “Io ho dato la parte migliore della mia vita alla Somalia: ho diretto per 13 anni il Collegio Professionale Agrario di Genale – Merca per elevare il livello culturale dei miei alunni e per dare un contributo al miglioramento economico e sociale della popolazione, perché se ci sono remore da parte dei somali a coltivare le terre, visto che prima che arrivassimo loro non lo sapevano fare, è importante che ci sia un’opera propulsiva al fine di prendere meglio queste terre meravigliose che hanno a loro disposizione che possono essere utilizzate per il loro benessere. Poter coltivare tre-quattro volte l’anno, per esempio, questi terreni freschissimi è una cosa possibile, ma loro non lo sapevano, e d’altra parte bisogna avere rispetto delle loro abitudini, del loro modo di vivere, quindi sono processi d’evoluzione necessari. D’altronde una civiltà più avanzata dal punto di vista scientifico e tecnico deve dare un aiuto a queste popolazioni sottosviluppate, dunque la mia è stata proprio una scelta di vita, che io ho seguito con molta dedizione.”

D: Che eredità ha lasciato l’Italia alle ex colonie?

R: “L’Italia ha fatto moltissimo per la Somalia: durante il periodo coloniale il nostro Paese ha abolito la schiavitù, creò due dighe sul fiume Uebi Scebeli, dei comprensori agricoli irrigui (Genale, Afgoi, Giuba), con conseguenti benefici nel campo delle coltivazioni, per esempio quella del banano, ha favorito la pesca, in particolar modo le tonnare, i commerci e le industrie, soprattutto quelle ferroviarie e del sale. Inoltre durante il periodo dell’Amministrazione Fiduciaria l’Italia ha dato vita a tutta una serie di scuole, in modo da elevare il livello culturale delle popolazioni, dalla scuola materna all’università, e facendo uno sforzo enorme che risultò in un miglioramento notevole delle condizioni politico-sociali del popolo somalo. I risultati, quindi, furono ottimi! Certo, 10 anni di Amministrazione Fiduciaria non bastavano. L’Italia aveva detto alle Nazioni Unite, all’Inghilterra, alla Francia, alla Russia che ci sarebbero voluti, 20, 30, 40 anni per creare uno Stato, ordine e democrazia! Avevamo dato loro un governo, ma i somali purtroppo hanno poi dimostrato di non andare ancora d’accordo tra di loro, e speriamo che poco a poco tutto ciò si riesca a colmare.”

D: Cosa dovrebbero fare il nostro Paese e l’Europa per l’Africa in questo periodo storico di grandi cambiamenti e, soprattutto, migrazioni?

R: “In realtà si può fare molto: in primis fare per i Paesi sottosviluppati un Piano Marshall. Gli Stati Uniti d’America dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale con il Piano Marshall riuscirono di nuovo a sviluppare le industrie e le infrastrutture europee. Quello che dovremmo fare noi dovrebbe essere il ritorno in questi territori non solo con spirito d’amicizia, ma guidandoli. Questi Paesi hanno bisogno di una guida autorevole, che li riporti sulla retta via.”

Di Simone Pacifici

Simone Pacifici

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