Sulle pendici dell’Eur: il Vicus Alexandri

Sulle pendici dell’Eur: il Vicus Alexandri

Il tempo l’ha modellata, l’uomo vi ha costruito sopra, la metropolitana continua ad accarezzarla ogni giorno. È la collina di Forte Ostiense, un tempo solo “Collina di Ponte Fratta”, dal nome del ponte posto alla sua base. Affacciata sul Tevere e sulla Via Ostiense, quest’altura ha avuto, fino a poco tempo fa, un’importante valenza strategica, diventando, non a caso, la sede del già menzionato Forte Ostiense. Oggi si può adocchiare la collina transitando frettolosamente lungo il Viadotto della Magliana ma anche uno sguardo più approfondito non può, in realtà, restituire i segreti nascosti sotto la cima di questo rilievo.

Un antico romano in cammino da Ostia lungo la Via Ostiense si sarebbe trovato di fronte l’altura non appena attraversato il Fosso delle Tre Fontane; all’epoca, la strada doveva seguire un percorso rettilineo e costeggiare il Tevere, ma il naturale spostamento degli argini del fiume non ci ha permesso di confermare questa ipotesi. Comunque sia, il viandante, attraversato il Ponte “Fratta” – situato dove oggi sorge la Stazione metro EUR Magliana – avrebbe potuto subito scorgere alcune abitazioni asserragliate sulle pendici della collina. Le scoperte effettuate nel corso degli anni hanno potuto, infatti, appurare l’esistenza di quello che potremmo definire un “borgo fluviale”, il Vicus Alexandri. A parlarcene approfonditamente è Rodolfo Lanciani, archeologo, docente universitario e senatore del Regno d’Italia vissuto alla fine dell’Ottocento. Rifacendosi anche alle scoperte dell’archeologo Antonio Nibby, Lanciani descrive questo insediamento come un villaggio di un centinaio di case, “diviso dalla Via Ostiense”. A ridosso del fiume dovevano sorgere delle strutture commerciali e portuali, mentre dall’altra parte della Via Ostiense, lungo tutte le pendici della collina, doveva svilupparsi, invece, il villaggio vero e proprio.

Ulteriori scavi furono poi condotti presso la Vigna Venerati, grossomodo dove oggi sorge il Centro Sportivo delle Tre Fontane: nel corso della campagna archeologica vennero alla luce, infatti, mosaici e marmi decorati, oltre ad un mausoleo di una famiglia nobile all’interno del quale furono rinvenute un’urna con scolpite Nove muse e decorazioni con scene di feste. Le vicine abitazioni, i cui resti erano ancora visibili agli inizi del Novecento, erano stati costruiti secondo la tecnica dell’opus reticolatum e pavimentate con mosaici bianchi e neri.

Un altro sepolcro fu ritrovato nel 1882 sulla cima della collina, durante i lavori del Forte Ostiense. Costruito in tufo e peperino, nascondeva all’interno due statue di marmo, rispettivamente di un uomo togato e di una donna. Indagini successive restituirono poi anche altri ambienti ed una terza statua. La cima della collina, affacciata sul Tevere, doveva, infatti offrire una vista particolarmente suggestiva ed essere, quindi, molto ambita. Lo prova, forse, la scoperta di “un’area sepolcrale della Gens Gegania”, una delle famiglie nobili più “in vista” di Roma, diretta discendente degli abitanti di Alba Longa.

Proprio accanto al percorso della metropolitana, poi, alla base dell’altura, un casale ottocentesco ricalca perfettamente un sepolcro monumentale a pianta rotonda di epoca romana.

Dimenticato nel corso dei secoli, il Vicus Alexandri è rimasto però nelle cronache storiche per via di un “personaggio illustre” transitato per il porto: l’obelisco lateranense. Questo obelisco, proveniente dall’antico Egitto, fu destinato al Circo Massimo, dove però, dopo la caduta dell’Impero romano, rimase, spezzato, sotto cumuli di fango. Fu ritrovato solo nel 1587 e l’anno successivo posto dove è tuttora, vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Nel corso del tempo, il Vicus Alexandri divenne poi noto come “Portus Grapigliani” o come “Porto della Pozzolana”, per via delle cave aperte dagli stessi romani sulla stessa collina, rimaste a lungo ancora visibili. I lavori per la costruzione del forte rivelarono anche l’esistenza di cave sotterranee; costruite per estrarre tufo, stupirono gli scopritori per la loro profondità e vastità: la copertura a volta era situata infatti ad un’altezza di 14 metri. Il materiale ricavato servì probabilmente per costruire una diga, rinvenuta anch’essa dal Genio militare al momento di costruire il Forte.

Ci sarebbero voluti però ancora secoli prima che la Storia si riappropriasse di quel luogo e restituisse il suo passato di villaggio collinare. Ulteriori indagini hanno poi rivelato la presenza di materiale ceramico riconducibile all’età arcaica: una scoperta questa, che ha permesso di retrodatare le prime frequentazioni della zona. Del resto, materiale simile è stato rinvenuto anche nella vicina area verde compresa tra viale Marconi, Via Gibilmanna e Via Cristoforo Colombo. Il pianoro, posto a poca distanza dal fiume, con grotte ancora oggi visibili, presenta, infatti, le caratteristiche di quei primi insediamenti latini da cui poi emerse Roma. E allora, forse, un’altra Roma avrebbe potuto sorgere nei pressi dell’EUR. Sempre accanto ad un fiume che non manca di ricordarci che “tutto scorre” e cambia, non solo il Tevere.


L’altra parte della Storia…dall’altra parte del Tevere:

Gabriele Rizzi

Classe 1996, maturità classica, Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, giornalista pubblicista. Mi interesso soprattutto di storia antica e recente, con particolare riferimento a quella del quadrante Sud di Roma, spesso ignorato ma ricco di tesori e di storie nascoste.

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