I nasoni smettono di respirare. La chiusura delle fontanelle a Roma è veramente necessaria?

“Er sindaco Pianciani, er primo de Roma / me mise a ‘sto monno pe’ dà l’acqua bona. /
Dall’anni settanta der milleottocento / resto e resisto, cor sole e cor vento. /
So’ amato e invidiato, nun è certo un caso: / co tutti i romani ce sto naso a naso. /
E voi che me dite: ‘sei zozzo e sprecone’. / Sciacquateve ‘a bocca: io so’ Er Nasone!”

Pensate a tutte le volte che, all’estero, sentivate il bisogno di bere acqua. Accaldati, probabilmente dopo lunghe camminate, la sete avanzava e l’unico modo per placarla era comprare bottigliette d’acqua nei bar.
Quante volte, in questa situazione, il vostro pensiero è volato a Roma, la vostra amata città, dove, ad ogni angolo, i cosiddetti ‘nasoni’ erano lì ad aspettarvi, pronti a donare acqua fresca e buona in ogni momento. Pensate, adesso, di star camminando per il centro, pensate di esservi allenati sotto il sole, magari correndo intorno al Circo Massimo o di aver passeggiato a lungo per Via del Corso, recarsi ad una fontanella e non bere.
Non bere perché la trovate chiusa. Spenta come le altre due migliaia di fontanelle.
Ciò che sembrava essere soltanto un incubo lontano ha cominciato a divenire realtà, lasciando spiazzati tutti, romani e turisti.
La chiusura delle fontanelle a Roma, che al giorno erogano centinaia di ettolitri d’acqua senza interruzione, è un “provvedimento necessario per il risparmio idrico della capitale”. Questo è il motivo per cui la sindaca Virginia Raggi, in accordo con l’Acea, ha deciso di compiere il drastico passo.
Ma è davvero così necessario?
La risposta non può che essere negativa. “I nasoni rappresentano solo l’1 per cento dello spreco d’acqua a Roma, contro il 50 per cento dovuto alle falle nelle tubature”. Queste le parole del presidente del Codacons Carlo Rienzi, esposte nella sua denuncia per interruzione del servizio pubblico.
Il vortice di negatività che la chiusura delle fontanelle comporterebbe, aumenta la sua gravità se pensiamo che turisti e cittadini saranno costretti ad acquistare l’acqua nei bar, negli esercizi commerciali, con evidenti danni economici e ben prevedibili speculazioni.
La data nefasta del 3 luglio sarà ricordata come la data in cui, i nasoni, hanno smesso di respirare.
Da questo infausto giorno verranno chiuse circa 30 fontanelle ogni 24 ore, decimandole. Si arriverà ad un esiguo numero di 85 fontanelle funzionanti (tre le altre quelle utilizzate dalle ASL e dall’Acea) contro la loro vasta famiglia composta da 2800 nasoni.
Le iniziative contro la loro chiusura sono cominciate. Citiamo come esempio l’azione di proteste dell’ ‘Associazione 21 luglio’ o la “guerra bianca”, quella fatta sui fogli di carta attaccati alle fontanelle, nostre leali compagne, per descrivere il disagio derivante dal loro annientamento (ad esempio la poesia dei Poeti del Trullo con cui si apre l’articolo).
Ciò che sfugge alla Raggi ed all’Acea è la carenza gravissima che colpirà i senzatetto, i senza dimora fissa e gli animali, per i quali i nasoni sono sempre stati fonte di sostentamento idrico e di pulizia.
Molte, anche su questo aspetto, le associazioni che denunciano la chiusura. Tra le altre, il portale ‘Youanimal’ invita i negozi, i bar, le attività a porre fuori i propri negozi ciotole d’acqua per permettere, almeno ai randagi, di abbeverarsi.
Ecco che, subito ci si ritrova nel 1877 quando, a Trieste, si emanava l’obbligo di tenere “recipienti di acqua monda” fuori dalle botteghe.
È dal 1874 che i nasoni ci hanno simboleggiato, aiutato, amato come noi abbiamo amato loro.
Il 3 luglio siamo tornati indietro nel tempo, nel peggiore dei modi.
Come se, per le nostre fontanelle di ghisa dal rubinetto curvo, questi 143 anni non fossero mai esistiti.

Di Gabriele Pattumelli

Redazione

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