La Laurentina antica

Individuarla dal satellite è molto semplice. Sapere che esiste lo è molto meno. Duemila anni fa vi passavano carri e uomini diretti verso la costa, oggi accanto vi sfrecciano i carri moderni con i loro cavalli nel cofano. I guidatori di oggi ignorano tuttavia che a pochi metri da loro vi è una testimonianza di come il genere umano abbia sempre avuto bisogno di farsi (una) strada nel territorio.

Secoli fa il panorama doveva essere completamente diverso. Oggi gli eucalipti e le fronde delle querce completano il muro verde dei rovi che nasconde un tesoro vecchio di due millenni. Essere arrivati in cima alla collina dove oggi sorge l’IFO significava per gli antichi viandanti lasciarsi alle spalle il fosso dell’Acqua Acetosa Ostiense. Da qui sopra poi, forse, si potevano ammirare i diversi appezzamenti dei proprietari terrieri. In questo punto correva infatti la strada che una volta collegava Roma con Laurentum, citata da Plinio come sede della sua villa; ma se oggi chiamiamo “Laurentina” la strada che nasce nei pressi di viale Marconi e termina a Tor San Lorenzo, la via che una volta portava questo nome si distaccava dall’Ostiense probabilmente all’altezza di Tor di Valle per seguire poi il fondovalle del fosso dell’Acqua Acetosa Ostiense fino a quando, al VI miglio, deviava, seguendo l’attuale percorso della Via Pontina, terminando poi al Vicus Augustanus Laurentium (dove si trovavano numerose ville marittime, tra cui appunto, quella di Plinio).
Qui, in cima alla collina “del Castellaccio”, in corrispondenza del VI miglio, gli archeologi hanno portato alla luce non solo la strada romana – molto ben conservata – pozzi di captazione delle acque, diversi manufatti in ceramica, ma anche una necropoli risalente al I secolo d.C. con diversi tipi di sepolture, a fossa e ad incinerazione. Tutto questo dimostra ancora una volta come questa zona fosse particolarmente importante per l’economia di Roma, e ciò lo si può anche dedurre dalla probabile presenza lungo il percorso di botteghe, veri e propri autogrill dell’antichità. Inoltre, i Romani, maestri nel canalizzare l’acqua e nel costruire acquedotti, seppero anche canalizzare l’acqua attraverso l’irreggimentazione delle acque di scolo ai lati della via, migliorando una zona soggetta ad allagamenti e tendenzialmente palustre, per via dei numerosi fiumiciattoli che vi insistono (Fosso di Vallerano, dell’Acqua Acetosa Ostiense, del Ciuccio).
La fine dell’Impero Romano avrebbe però portato alla spoliazione e all’abbandono della via attorno al V/VI secolo d.C., con l’inizio dei Secoli Bui. Tuttavia, come era uso nel medioevo, molte costruzioni romane, che per l’abilità con cui erano state costruite erano resistite alla prova del tempo, continuarono ad essere utilizzate. Lo testimonia una moneta d’argento emessa sotto Clemente X nell’anno 1675 qui ritrovata. Oggi, accanto al sito corre la via Pontina. Frotte di vacanzieri in cerca di frescura vi transitano ogni giorno, diretti al mare. In fondo, come faceva poi Livio, che avrà molto probabilmente percorso questa strada per dirigersi alla sua villa al mare. Insomma, è proprio il caso di dirlo, Nihil novi sub soli.

Di Gabriele Rizzi

Gabriele Rizzi

Classe 1996, maturità classica, Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, giornalista pubblicista. Mi interesso soprattutto di storia antica e recente, con particolare riferimento a quella del quadrante Sud di Roma, spesso ignorato ma ricco di tesori e di storie nascoste.

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