“La paura nel disprezzo cerca sicurezza”: comunità ebraica e Comunità di Sant’Egidio insieme alla Marcia per la Memoria

Silenzioso avanza il corteo su via della Lungaretta. Presto le scintille che cadono dalle fiaccole cominciano a confondersi con le gocce di pioggia che sbattono sempre più violente al suolo. Il cielo è cupo e le nuvole si vanno addensando, mentre sui tetti di Trastevere riverbera la luce dei lampi in avvicinamento. “Tutti ricordano il 16 ottobre come un giorno freddo e piovoso” – dirà dopo Andrea Riccardi. Era un giorno così, come tanti di ottobre, ma sarebbe diventato uno dei momenti più bui che la Storia ricordi.

La “Marcia per la Memoria” ha preso il via da piazza Santa Maria in Trastevere – dove si sono radunate centinaia di persone – e procede lento le vie del quartiere. In testa i passanti cedono il passo ai bambini. In questa marcia a ricordo della deportazione degli ebrei romani è affidato loro il compito di portare uno striscione con una scritta che sa di ammonimento e di verità: la pace è il futuro. Ma se la pace è il futuro, il passato è tutto là dietro, sotto forma di scritte bianche su fondo nero. “Auschwitz”, “Dachau”, “Treblinka”. “Buchenwald”, “Theresienstadt”. E ancora, “Ravensbruck”, “Flossenbürg, Chełmno. Sono i nomi dei campi di sterminio dove furono inviati gli ebrei rastrellati nelle varie parti d’Europa. Portati in alto lungo le vie di Roma, questi cartelli vogliono ricordare che lì, in quei posti dai nomi così tristemente famosi, ci finì gente che si trovava a camminare sulle stesse pietre su cui adesso marciano uniti rappresentanti della comunità ebraica e della comunità di Sant’Egidio.
Un palco è stato allestito in via del portico d’Ottavia. Il corteo si ferma ai suoi piedi, mentre vi salgono i rappresentanti delle istituzioni presenti: il ministro degli Esteri Moavero Milanesi, la sindaca Raggi, il Presidente della Regione Lazio Zingaretti, la Presidente della Comunità Ebraica di Roma Dureghello, il Rabbino capo di Roma Di Segni. Personalità dalle storie e dalle provenienze diverse, unite, però, nel sottolineare l’importanza di marciare fianco a fianco perché episodi come quello avvenuto il 16 ottobre del 1943 non si ripetano.
Perché ancora oggi “si vuole imporre la cultura dell’odio” – ammonisce Zingaretti – e di fronte ai fatti che si allontanano nel tempo c’è bisogno di ricordare che “il male si annida ancora nella discriminazione e nell’odio razziale” – sostiene invece Ruth Dureghello. Ecco quindi l’importanza di questa manifestazione, che dal palco Andrea Riccardi definisce “una luce forte”. “Nel disprezzo però – fa notare il fondatore della Comunità di Sant’Egidio – questa sembra smarrita”; E la paura “cerca sicurezza proprio nel disprezzo”. C’è, tuttavia, un antidoto: “la saldezza delle convinzioni”: ma anche l’amicizia, quella stessa “amicizia che ci fa ritrovare qui uniti in tanti”. Perché, quindi, tutti, ma soprattutto i bambini che al termine della manifestazione cercano riparo dalla pioggia ormai incessante, ricordino e si spendano perché la pace sia, effettivamente, il futuro.

Gabriele Rizzi

Classe 1996, maturità classica, Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, giornalista pubblicista. Mi interesso soprattutto di storia antica e recente, con particolare riferimento a quella del quadrante Sud di Roma, spesso ignorato ma ricco di tesori e di storie nascoste.

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