Una storia “industriosa”: l’Almone e il suo corso, parte II

All’ombra delle fronde degli alberi che ne accompagnano il corso, l’Almone continua la sua lenta discesa verso il Tevere passando accanto a quella che oggi è conosciuta come “Ex-Cartiera”; tale stabile ha un trascorso che potremmo definire, in effetti, industrioso, legato com’è alla lavorazione della carta, nella quale la “marrana” – com’è definito a Roma ogni ruscelletto di campagna – ha svolto un ruolo importante.

Concessa in uso gratuito ai Padri Cappuccini, la “valca di Acquataccio” fu poi ceduta nel 1804 a Giuseppe Pericoli. Come abbiamo visto nella prima parte dell’articolo, non è stato questo il primo e non è stato l’ultimo passaggio di proprietà, perché già nel 1823 la gestione dei locali della “mola” è di nuovo dato in usufrutto. 

Tuttavia, è proprio grazie agli atti connessi a queste concessioni reiterate nel tempo che possiamo conoscere meglio la storia dell’edificio: da quanto si evince dai documenti, infatti, il mulino annesso fu usato per preparare medicamenti ma anche per macinare colori poi ceduti alle fabbriche di ceramica. Non dobbiamo scordare, però, che se oggi essa si trova a due passi dal centro di Roma, duecento anni fa, come dice il detto, “qui era tutta campagna”. Una campagna con un suo mulino. Con l’espandersi della città, anche altri edifici raggiunsero questa porzione di territorio e, nel 1912, quel mulino circondato dai campi si ritrovò al numero dodici della Via Appia. Nel catasto dell’epoca l’edificio risulta registrato come “cartiera con caldaia a vapore a tre motori elettrici”, e risulta di proprietà del principe Giuseppe Borghese. 

È solo all’inizio degli anni Trenta però che lo stabile prende il nome che conserva tuttora: Cartiera Latina. In quel periodo qui veniva prodotta carta per l’editoria ricavandola da stracci di cotone: tra i tanti lavoratori, vi svolgeva la mansione di “ragazzo di macchina” un giovanissimo Claudio Villa. L’impianto faceva poi parte della cosiddetta “Zona di rispetto”, locuzione che oggi potremmo sostituire con “Area Protetta”; ancora, la stessa struttura era anche parte del Comprensorio per le “speciali sistemazioni inerenti alla via Imperiale e l’E42”, ovvero il futuro quartiere dell’EUR. 

La fabbrica continua a lavorare fino anche nel dopoguerra, fino a quando, nel 1971, non viene espropriata, in quanto ormai situata in una zona con vincolo archeologico e monumentale. La sua storia non finisce, però, con la chiusura della fabbrica nel 1986; concessa all’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica, la struttura è stata infatti recuperata e nel 2010 ha di nuovo riaperto i battenti. Ad oggi il complesso è dotato di due sale per esposizioni, una sala conferenze e uno spazio didattico espositivo dove si svolgono attività per scuole e famiglie. 

A ciò si aggiungono uno spazio verde esterno con un orto didattico e un’area dove vengono illustrate le tradizioni della campagna romana. Senza dimenticare naturalmente l’Almone, che cinge il complesso a nord. Ignaro delle attività che si sono svolte e si continuano a svolgere lungo il suo corso, egli continua a scorrere, pacioso, attraverso Roma.

Di Gabriele Rizzi

Gabriele Rizzi

Classe 1996, maturità classica, Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, giornalista pubblicista. Mi interesso soprattutto di storia antica e recente, con particolare riferimento a quella del quadrante Sud di Roma, spesso ignorato ma ricco di tesori e di storie nascoste.

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