Il mistero di Remoria: la città perduta di Remo è all’EUR? – Parte II

Dopo Dionigi di Alicarnasso, dovranno passare 1800 anni perché cominci una ricerca più approfondita di Remoria; fu Barthold Niebuhr, ministro plenipotenziario di Prussia, ad ipotizzare la collocazione di Remoria “sul monte al di là di San Paolo”. Secondo l’archeologo Giovanni Colonna, il monte citato non sarebbe né la Rupe di San Paolo, né l’altura dove oggi sorge il Forte Ostiense, già allora identificata come ospitante il Vicus Alexandri. Lo studioso individua, invece, un’altura prospiciente il Tevere, per altezza comparabile all’Aventino, al Palatino e al Campidoglio e alla cui base venne rinvenuta una notevole villa romana: il Monte del Finocchio o Monte dei Grottoni, l’altura circoscritta tra Viale Egeo e Viale Tupini. Se infatti misuriamo i “trenta stadi” – citati da Dionigi di Alicarnasso – a partire dalle mura serviane, essi corrispondono proprio alle cinque miglia dal Palatino di cui parla l’Origo Gentis Romanae. Cinque miglia che, confrontate con il percorso della via Ostiense, portano proprio all’EUR.
Oggi, la topografia del Monte dei Grottoni si può solo intuire, ma l’altura doveva risultare strategica ai suoi primi abitanti: una rocca stretta e lunga prospiciente il Tevere, ben protetta grazie alla ripida scarpata nel lato sud, ma collegata da una forcella (corrispondente a Piazza Gandhi) con l’ampio pianoro che poi prese il nome di Monte della Creta. Quest’ultimo si estende da Via Tupini fino all’odierna Stazione Laurentina, dove (fino a poco tempo fa) incontrava il Fosso della Cecchignola, che ne delimitava il lato meridionale. Il fosso piegava poi verso il Tevere proprio in corrispondenza della scarpata meridionale dell’arce (oggi Piazza Ataturk); a nord, invece, il Monte era delimitato dal Fosso delle Tre Fontane.
Il territorio appena descritto, sin dall’antichità, era stato percorso dalle transumanze, dai viandanti diretti al mare e alle saline e dagli abitanti degli antichi insediamenti di Acqua Acetosa e Castel di Decima. Lo permettevano i tanti fiumiciattoli sopracitati e lo provano l’esistenza della Via Ostiense, della Laurentina antica, della Laurentina moderna (il cui nome originale non conosciamo) e di Via di vigna murata. Quest’ultima via ricalca, infatti, un percorso che – come anche oggi – mette in comunicazione l’Ostiense (quindi il Tevere e le saline) e i Castelli romani (ovvero Alba).
Una scoperta definitiva?
Possiamo immaginarci, quindi, i primi latini esplorare il territorio e costruirvici le prime abitazioni. Gli ampi pianori intervallati da vallate paludose erano infatti perfetti per gli insediamenti; deve averlo pensato anche Remo, scalando il Monte della Creta. Proprio qui, infatti, durante i lavori per la costruzione dell’E42, dove oggi sorge il Palazzo dell’INA, venne scoperto un tempio di età arcaica. Questo rinvenimento, avvenuto durante i lavori per la costruzione dell’E42, sembra essere, per Giovanni Colonna, la prova definitiva della localizzazione di Remoria sui colli dell’EUR. Proverebbe, infatti, l’antica importanza attribuita a questo territorio. Sempre qui, durante gli sterri, furono rinvenute delle ceramiche e alcuni cunicoli; a questi scavi, di cui si ha uno scarso riscontro nei registri e che furono abbandonati negli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra, dovrebbero appartenere una serie di antefisse – tegole di terracotta poste sulle travi del tetto di un tempio – e busti. Le prime presentano una chiara influenza orientalizzante ed etrusca, mentre i secondi dovrebbero raffigurare Proserpina. Il condizionale è però d’obbligo, perché questa potrebbe essere anche identificata con Remurina, il cui antico culto sarebbe poi stato assimilato in quello di Cerere o di Proserpina stessa e quindi dimenticato. Allo stesso modo, dell’antica Remoria sarebbe rimasto presto solo un lontano ricordo.
L’edificio, probabilmente di piccole dimensioni, doveva quindi sorgere nel punto in cui la Colombo entra oggi all’EUR, sulla cima di un’altura visibile dal Tevere; possiamo quindi ipotizzare che fosse facilmente riconoscibile alle navi che scendevano il fiume. Come detto, col tempo, però, intorno ad esso sarebbero sorti insediamenti agricoli e il l’antico significato dell’edificio sarebbe stato dimenticato, così come il ricordo di quella città perduta prima ancora di essere nata. Un ricordo che, come i ritrovamenti archeologici, speriamo di continuare a riportare alla luce.