Giacche, sciarpe e coperte. Così funzionano i riscaldamenti nelle scuole.

Nelle aule di scuola, il posto preferito dagli studenti è quasi sempre il banco vicino al termosifone. In primavera perché è quello più nascosto dall’occhio del professore, in inverno perché è il punto più caldo della classe. O forse perché è l’unico punto caldo della classe. Forse, malgrado quel banco resti il più bramato dai ragazzi, il termosifone nemmeno è acceso. Nonostante la “Buona Scuola” renziana, dalla sua entrata in vigore del 16 luglio 2015, abbia avviato sul piano nazionale 12.041 interventi per scuole più sicure, accoglienti, moderne e belle, investendo dalla quota prevista dal fondo unico per l’edilizia scolastica (3.9 miliardi di euro) e da quella finanziata dal mutuo della Banca Europea degli Investimenti (905 milioni), nelle scuole gli studenti devono continuare ad affidarsi ai propri cappotti o ad una buona dose di effetto placebo per sentire un po’ di calore durante i mesi più freddi dell’anno.
Certamente c’è da tener conto che rispetto al gennaio precedente la situazione dei riscaldamenti nelle scuole è migliorata, ma il problema non è stato del tutto risolto. Una spinta al miglioramento, almeno a Roma, sarebbe potuta giungere dall’operazione “Scuole Calde”, annunciata dalla Raggi, che però si è rivelata essere un flop totale. Tale operazione prevedeva l’accensione dei riscaldamenti 24 ore prima del rientro a scuola, dopo le vacanze natalizie, per permettere ai ragazzi di trovare un ambiente più confortevole, più facile e veloce da riscaldare.
Il risultato? In molte scuole non sono stati accessi i termosifoni e, nella maggior parte di quelle che lo hanno fatto, 24 ore di tiepido riscaldamento non sono state capaci di distribuire abbastanza calore nelle strutture da permettere un clima “vivibile”. Subito hanno preso il volo critiche, lettere, assemblee e sui social sono cominciate ad emergere fotografie scherzose di ragazzi e ragazze con addosso giacche, sciarpe, cappellini e coperte accompagnate dall’hashtag #scuolecalde.
Ma fino a quanto possono essere divertenti queste foto?
Nell’ultimo mese, su tutto il territorio della capitale, la sorte dell’evacuazione o della chiusura dei cancelli è toccata a svariate scuole a causa dell’estremamente bassa temperatura all’interno della struttura e, più di una volta, all’inizio di gennaio, si registrava sotto il limite garantito dalla legge: per i mesi invernali la temperatura deve variare tra i 18 e i 22°C (D.Lgs. 81/08).
È possibile cambiare zona di Roma per ascoltare le parole degli studenti. Ciò che però non cambia sono i problemi che emergono: riscaldamenti accesi per poco tempo e caldaie non abbastanza potenti.
Paolo, del liceo scientifico Morgagni, racconta che “quando c’erano stati quei due, tre giorni più freddi stavo con il giaccone in classe, poi li hanno fatti accendere più presto”.
“Nella mia classe i termosifoni sono sempre accesi, solo i primi giorni erano spenti (Raggi dove stavi? – N.d.A.). In generale nella scuola dipende dalle classi. Io comunque sto con il cappotto la maggior parte del tempo, i primi giorni con coperta e borsa dell’acqua calda”, ci dice Emanuela, del liceo Plauto.
La situazione si fa meno tragica nel centro della città, dove Andrea, dello scientifico Cavour, risponde che i riscaldamenti funzionano sempre bene e “succedevano dei giorni raramente in cui non partivano, ma tipo una volta l’anno” o dove, al liceo Virgilio, “funzionano, ma funzionano male” come ci fa sapere Beatrice.
Al liceo Peano il problema è “che sono troppo bassi o accesi solo per qualche ora, quindi l’intera scuola è gelida. Durante la prima ora è d’obbligo la giacca: ci ritroviamo verso novembre, dicembre e gennaio con un freddo polare” come afferma Francesca.
“Il problema è l’orario in cui i termosifoni restano accesi” testimonia L., studentessa di un istituto tecnico in zona Arco di Travertino, “si accendono intorno alle 9:00 e si spengono alle 11:00, quando noi entriamo alle 8:00 ed usciamo alle 13:00. Per riscaldarci ci mettiamo dove batte il sole.”
Se questa è la situazione nei licei superiori della capitale, non va tanto meglio per le scuole Medie.
Ad esempio alla Montezemolo, nonostante Paola e Rachele, si trovino nella stessa scuola, solo una delle due riesce ad avere i termosifoni sempre accessi in classe. Stessa sorte ad altri numerosi istituti secondari di primo grado: “in alcune classi sempre accesi, in altre no” come parla Giulio.
Scherzo del destino, proprio nel giorno in cui la redazione si sarebbe dovuta recare al liceo scientifico Primo Levi per intervistare la preside riguardo la questione, questo è stato dichiarato “inagibile” a causa della mancata accensione dei termosifoni e gli studenti sono stati mandati a casa.
Aspettando fiduciosi nei fondi previsti dalla “Buona Scuola”, per la quale nel 2017 avverranno gli investimenti più significativi, attendendo che la nostra sindaca Virginia migliori le sue future operazioni sui provvedimenti scolastici e che possa riscaldarci tutti con i suoi Raggi, ci auguriamo che ogni scuola possa diventare un luogo più sicuro e confortevole, dove ad imparare la cultura della vita ci si vada con la giusta gioia e voglia di ‘canoscenza’. Non armati di giacche, sciarpe e coperte.

Di Gabriele Pattumelli

Redazione

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