Il Dialogo avvicina i cuori, con il dialogo si fa l’amicizia. Il Papa in visita agli studenti di Roma Tre

Come sempre, Papa Francesco è arrivato puntualissimo all’appuntamento, questa volta con gli studenti dell’Università di Roma Tre. Alle 10 di mattina di venerdì scorso, forti applausi, ed una gioia espressa a gran voce, hanno accolto il Santo Padre, non appena entrato nel cancello del rettorato dell’università. I “Viva il Papa!” non venivano scanditi però soltanto dalle bocche degli studenti: professori, personale e personaggi della politica erano seduti tra alcuni ragazzi nelle prime file ed a seguire le sue parole vi erano anche famiglie e accompagnatori, ragazzi di licei e medie, bambini e persone affacciate dai balconi delle case antistanti. Insomma, tutta Via Ostiense, quella calda mattina era in ascolto. Dopo aver stretto mani, dato la benedizione ai più piccoli e salutato la gente colma d’amore, nei modi più umani con cui siamo abituati a vederlo, il Papa è stato accompagnato nel cortile del rettorato, dove ha tenuto il suo discorso in seguito alle parole del rettore Mario Panizza: “Non si può lavorare direttamente per la pace, ma si deve lavorare per l’armonia dei popoli”. Sulle parole di quest’ultimo è cominciato il dialogo con gli studenti, che è diventato un dialogo rivolto anche ai professori, a tutti i ragazzi e a tutta l’umanità.
L’incontro si è sviluppato con enorme serenità attorno ad alcune tematiche sollevate da quattro ragazzi, rappresentanti di tutta l’assemblea presente. “Nonostante abbia scritto un discorso, lo lascio al rettore. A voi rispondo con il cuore”, con queste parole il Santo Padre ha cominciato a rispondere alle domande dei ragazzi, tra gli applausi della gente.
Il perno intorno al quale tutto si è sviluppato è stato l’importanza del dialogo. Dialogo che è il motore unificante tra le persone, tra tutte le genti. E che, come due amici rischiano di allontanarsi quando questo viene a mancare, quando manca tra due paesi gli spetta una simile sorte. “Il dialogo avvicina i cuori, con il dialogo si fa l’amicizia e non deve mai venire a mancare”. Non luogo più adatto dell’università, continua Papa Francesco, esiste ove vi si possa sviluppare il dialogo, tra le menti degli studenti e le menti dei professori. Dialogo che non deve essere sterile o a ‘senso unico’, un dialogo che deve evolversi in una serie di strade per arrivare ad una singola meta comune.
Alla tematica dell’immigrazione e su cosa questa comporti nel mondo cristiano, Sua Santità, con parole quasi shakespeariane afferma che bisogna rimanere uniti, un’unità che “non è uniformità, ma che si fa con la diversità”, come vi è diversità nelle università eppure si vive in armonia, così bisogna vivere nel mondo, “così le culture crescono, la globalizzazione deve essere poliedrica”.
Il momento più triste della mattinata si è toccato parlando della disoccupazione giovanile, “disoccupazione che provoca suicidi, suicidi giovanili di cui non sono pubblicate le statistiche”. Questo tragico problema è dovuto ad una mancanza di dialogo tra i vari settori del mondo lavorativo, che tendono a rimanere fissi nelle proprie scelte di impiego, senza ampliare le proprie visioni.
Virus che blocca la crescita dei giovani, la crescita della società è anche l’esistenza delle cosiddette “Università ideologiche”, dove si è costretti ad imparare un unico pensiero, quello dettato dall’istituzione, proibendo forme di dialogo differenti.
Verso la fine dell’incontro vi è stato il momento più toccante: la risposta alla domanda di Nour Essa, ragazza siriana rifugiata in Italia, visitata dal Papa a Lesbo l’anno scorso. La sua domanda aveva riguardato la ‘paura europea’ nei confronti di certe popolazioni, come quelle provenienti da Siria o Iraq. La risposta, estremamente diretta, ha velato di un silenzio di piombo tutti i presenti: “I migranti sono da accogliere come fratelli e sorelle. Le migrazioni non sono un pericolo, ma una sfida a crescere”. Ciò che porta pericolo è proprio la mancata integrazione, afferma il Santo Padre, riportando l’esempio dell’attentato di Zaventem (l’aeroporto di Bruxelles), commesso da belgi, figli di migranti, che non erano stati integrati.
Con il dialogo si sarebbe potuta evitare la strage.
Con il dialogo molte altre stragi non sarebbero mai accadute, non ci sarebbero disuguaglianze, non conflitti di culture ma soltanto “culture che imparano a vicenda”, non violenze, non suicidi.
Ed è questo il messaggio che davanti agli occhi di tutti, davanti agli occhi di studenti, davanti agli occhi dei professori, dei rappresentati della politica e delle persone affacciate ai balconi delle case, è stato lasciato dal Papa, quella calda mattinata di venerdì 17 febbraio.
Erano le 11 di mattina e il Papa, prima di rientrare in vaticano, prima di stringere altre mani, di benedire gli ambienti della struttura, di farsi scattare altri selfie con gli studenti, spiegava a gran voce quale deve essere il compito dell’università:
“È dall’università che deve nascere un dialogo. L’università deve essere un dialogo, il dialogo più puro e rispettoso. Il dialogo delle differenze”.

Di Gabriele Pattumelli

Redazione

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